Il tuo nome è Guarito, alleluia!
Ottava di Pasqua –
La liturgia ci chiede oggi di guardare al mistero della risurrezione da un altro punto di vista, quello di quanti ne sono profondamente disturbati e infastiditi. Si tratta, naturalmente dei capi, gli anziani e gli scribi che, dopo aver pensato di aver risolto il caso “Gesù”, si ritrovano a gestire, come spesso accade, un problema ancora più grande. Devono misurarsi non solo con la <franchezza di Pietro e di Giovanni> (At 4, 13) e, ancor più gravemente, devono fissare lo sguardo su chi sta <in piedi, vicino a loro>. Si tratta dell’<uomo che era stato guarito> e i notabili, abituati a tenere sempre le fila del discorso, non sapevano che cosa replicare> (4, 14). Situazione più che imbarazzante per quanti hanno fatto di tutto per sbarazzarsi di Gesù nel modo più radicale possibile. Il risultato di tutto ciò è che Pietro e Giovanni, non solo non si lasciano intimidire, ma arrivano persino a reagire con una parola che segna la fine di un’era e l’inizio di un nuovo modo di concepire il rapporto con Dio. Non solo, un nuovo modo di relazionarsi con quanti pensano di rappresentarlo sulla terra, talora eliminandone la presenza e il profumo dal cuore dei suoi figli: <Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato> (4, 19, 20).
L’ultima cosa che i discepoli hanno visto è ciò che il nome di Gesù è capace di fare: rimettere e far restare <in piedi> un uomo da sempre costretto a trascinarsi più come una bestia che come una creatura umana. Lo stare <in piedi> è il segno caratteristico degli umani e, soprattutto, è il modo umano di relazionarsi riconoscendosi reciprocamente dignità, fiducia, rispetto, credibilità. La risurrezione del Signore Gesù dai morti non è un miracolo che semplicemente lo riguarda e lo riscatta, è un assoluto capovolgimento delle umane sorti, per cui il mondo non si divide più in chi deve sempre obbedire e chi si sente autorizzato a comandare, sempre abusando del nome di Dio. Nel Cristo, risollevato dalla prostrazione della morte, ogni uomo è radicalmente <guarito>.
Siamo abituati a pensare che siano le malattie a propagarsi e a contaminare seminando sempre più ampiamente tristezza e morte. Con la risurrezione del Signore Gesù dai morti è la vita a propagarsi in modo incontrollabile, come un riso incontenibile che attraversa il corpo dell’umanità da cima a fondo. I discepoli ormai non hanno più paura di stare in piedi davanti al Sinedrio senza sentirsi in dovere di tenere gli occhi bassi e la lingua rigorosamente annodata. Sì, è vero, sono <persone semplici e senza istruzione> (4, 13), ma aver ritrovato tutta la ricchezza del loro essere <stati con Gesù> non solo li rende coraggiosi, ma fa loro sentire la necessità di dare la medesima possibilità di stare in piedi e di sentirsi guarito anche a chi ha teso la mano verso di loro, chiedendo l’elemosina di un aiuto. Si compie così la consegna del Risorto ai suoi discepoli prima di ritornare al Padre suo e rimettere le sorti della storia nelle nostre mani affidandola alle nostre cure: <Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura> (Mt 16, 15).
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