Convertire… l’atmosfera
Settimana Santa –
Nello spazio di pochi versetti, per ben due volte, il profeta Isaia evoca uno dei doni messianici per eccellenza: <egli porterà il diritto alle nazioni> (Is 42, 1) e ancora <proclamerà il diritto con verità> (42, 3). In contrasto con il quest’immagine del diritto il Vangelo ci mette di fronte al rischio, sempre incombente per ogni discepolo, di tradire il Signore molto prima di consegnarlo nelle mani dei suoi nemici. L’evangelista commenta il disappunto di Giuda davanti al tenero e profetico gesto di Maria con parole forti: <Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro> (Gv 12, 6). Il cammino di questi santi giorni si apre con la duplice memoria di un gesto pieno di tenerezza e di eccesso compiuto da Maria cui si contrappone quello pieno di disprezzo e di calcolo che si forma come una cancrena, nel cuore di Giuda. Il nostro cuore non è mai certo di trovarsi dall’una o dall’altra parte. Pertanto, siamo chiamati, rivivendo i giorni della Passione, a fare il punto delle nostre passioni per dare spazio alla passione del cuore capace di fare della nostra vita un gesto di speranza che si fa compagnia amorosa in ogni tribolazione: <Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri, infatti, li avete sempre con voi, ma non sempre avete me> (Gv 12, 7).
Queste parole del Signore alla vigilia della sua Passione ci fanno intuire il senso profondo di quel <diritto> che è uno dei doni messianici più sperati e attesi. Il Messia umiliato ristabilisce per tutti il diritto ad essere <poveri> senza per questo essere né esclusi, né umiliati. Nel mistero della Pasqua ci è restituita la gioia di poter donare con eccesso come pure di essere oggetto di un amore esagerato senza doversi per nulla vergognare. Il dono pasquale che ci viene dal Signore è di poter amare e di lasciarsi amare in una pienezza che mette in imbarazzo fino a smascherare tutte le altre logiche segnate e dominate, invece, da un calcolo mortifero al cui centro di valutazione siamo noi stessi con i nostri piccoli e grandi interessi: <I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù> (Gv 12, 11).
Il diritto ad amare, secondo il proprio cuore e ad essere amati secondo il proprio bisogno e i propri desideri, ha una caratteristica fondamentale e inconfondibile: <Non griderà né alzerà il tono> (Is 42, 2). Come per Elia sull’Horeb, il segno distintivo del passaggio di Dio nella nostra vita e del nostro entrare nella vita stessa di Dio non può che essere quel “fine silenzio” (1Re 19,12) che avvolge e contrassegna i gesti di grande valore i quali non si impongono mai, eppure si impongono da se stessi: <Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo> (Gv 12, 3). Lasciamo che nel nostro cuore si crei l’atmosfera più adeguata a vivere questi santi giorni: il silenzio, l’attenzione, la cura dei particolari e, soprattutto, una disponibilità radicale a farci interrogare dalle esigenze di un amore che sia degno di questo nome.
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