Convertire… in denuncia

V settimana T.Q.

La Liturgia bizantina aiuta il fedele ad entrare nel mistero di questo ultimo venerdì di Quaresima con queste parole: <Due dei discepoli sono oggi mandati, come sta scritto, a prendere il puledro, sul quale Cristo salirà e verrà splendido per prepararsi una lode divina dalla bocca dei fanciulli: affrettiamoci con zelo ad andargli incontro, portandogli palme di azioni virtuose> (Anthologhion II, 904). Mentre contempliamo i discepoli – secondo la liturgia orientale – che sono alla ricerca del puledro adatto a portare il dolcissimo peso della mitissima regalità dell’umile Salvatore di tutti, la Parola di Dio di quest’oggi ci fa aprire gli occhi sul dove questo puledro porterà il Signore Gesù e lo fa, ancora una volta, attraverso le parole del profeta Geremia attraverso cui possiamo sentire le emozioni e i sentimento dello stesso Cristo : <Sentivo la calunnia di molti: “Terrore all’intorno”> (Gr 20, 10). Il terrore da cui si sente accerchiato si materializza nel vangelo: < i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù> (Gv 10, 31).

Eppure, né il profeta né tantomeno il Signore si lasciano intimidire ma, al contrario, reagiscono assumendo su se stessi il peso della denuncia forte e chiara che si fa sulla bocca di Gesù aperta provocazione a prendere coscienza del male che si sta compiendo, pur accettando di esserne vittima: < Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?> (10, 32). Non rischiamo di essere precipitosi nel pensare che questa domanda rivolta da Gesù ai Giudei non ci riguardi. Essa, infatti, è una denuncia di tutto ciò che in noi lapida il vangelo che ci è stato donato e affidato con le pietre della nostra indifferenza, del nostro sospetto, della nostra chiusura e della nostra insensibilità. Tra le nostre mani abbiamo molte più pietre di quanto possiamo immaginare e, nondimeno, esse sono capaci di uccidere dentro di noi e attorno a noi quel seme divino di cui la Scrittura attesta solennemente quando dice: <Voi siete dèi> (10, 34).

Il Signore Gesù come tutti i profeti che vengono da Dio e parlano in suo nome in modo <vero> (10, 41) non fanno che risvegliare e riattivare in noi questa coscienza di divina parentela che, di certo, non può che essere di fastidio a quanti vogliono ridurre i loro fratelli a semplici ingranaggi di un meccanismo che assicuri loro privilegi e potere. Ogni volta che ci si trova in una situazione del genere non si può che fare propria la parola così del profeta: <Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere; arrossiranno perché non avranno successo, sarà una vergogna eterna e incancellabile> (Gr 20, 11). Nell’orazione dopo la comunione, la Chiesa ci fa pregare così: <Non ci abbandoni, Signore, la forza di questo sacramento che ci unisce a te, e allontani sempre da noi ogni male>. Il male più grande è proprio quello della confusione che il Signore denuncia con impeto nei Giudei che è in ciascuno di noi: avere una tale attrattiva per il peggio da confondere le <molte opere buone> (Gv 10, 32) con il male che ci rode dentro.

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