Convertire… in riflessione

I settimana T.Q.

Nella liturgia della parola di oggi sembra proprio che il Signore inviti ciascuno di noi ad un “sacrificio” del tutto particolare: il “sacrificium intellectus”. Non si tratta di rinunciare a pensare con la propria testa, ma a pensare di più che con la testa: convertire in ri-flessione tutte le nostre idee preconcette e i nostri chiodi fissi. Il profeta Ezechiele, nella prima lettura, si mette dalla parte di Dio e ne considera l’atteggiamento benevolo verso chi è in grado di cambiare e di passare dal male al bene: <Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà> (Ez 18, 28). Lo sguardo del profeta sull’uomo è come totalmente conquistato da questa innata capacità di riflessione che riflette la divina capacità di Dio stesso di ri-flettere e di cambiare.

Questa riflessione – ri/flessione – non è altro che la capacità propriamente divino-umana di uscire dalla propria rigidità per piegarsi – flettersi – sul reale con la dolce grazia e, al contempo, rigorosa esattezza di uno specchio. Lo specchio che permette di riflettere il reale permettendo di riflettere sul reale è uno strumento di orientamento – ad esempio nella navigazione per tenere sott’occhio le stelle – e la riflessione è ciò che può dare e rettificare l’orientamento degli atteggiamenti: <Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione> (Mt 5, 25).

Il Signore Gesù, con il realismo proprio dell’evangelo, non si scandalizza di nulla e riconosce la possibilità che l’uomo arrivi ad <uccidere> (Mt 5, 21), ad insultare l’altro chiamandolo <stupido> (Mt 5, 22). Così pure contempla la possibilità di accostarsi all’altare di Dio avendo non solo un dono per Dio ma anche <qualcosa contro> (Mt 5, 23) il fratello. Al Signore Gesù non sfugge nemmeno la possibilità – da Lui stesso sperimentata in prima persona – di avere un <avversario> (Mt 5, 25). Tutto questo – sembra dirci il Signore – è possibile e non c’è da meravigliarsi che accada. Fa parte del concreto e del quotidiano in ogni tempo e per ogni persona ma tutto questo può portare ad una rigidità inflessibile oppure ad una rinnovata e approfondita volontà di riflettere. Ogni inimicizia, infatti, è il frutto di un profondo – talora profondissimo – baratro di incomprensione! Ogni <avversario> (Mt 5, 25) è una creatura della chiusura su se stessi che non rende possibile – talora nostro malgrado – di rendere l’ad-versario un con-versario. Come, infatti, dimenticare che i nemici sono solo degli amici mancati e verso cui l’unico sentimento che non riusciamo a nutrire è proprio l’indifferenza?

Il Signore Gesù ci vuole oggi mettere in guardia dal risultato tremendo a cui l’incapacità di cambiare direzione per mancanza di riflessione può infine portare: <egli morirà> (Ez 18, 25). Il vero pericolo della nostra vita rischia di non essere quello di <uccidere> (Mt 5, 21) ma quello altrettanto grave del suicidio. Ogni volta che ci separiamo dal fratello non facciamo che condannare noi stessi ad una solitudine mortifera. Forse se Caino avesse riflettuto sul suo stato d’animo e prima di presentarsi <davanti all’altare> (Mt 5, 23) di Dio si fosse presentato a suo fratello Abele per riconciliarsi con lui accettando semplicemente la sua esistenza… la storia dell’umanità sarebbe stata e sarebbe ancora diversa. Ora tocca a noi di invertire la rotta della storia. Cominciamo a riflettere, nella nostra vita, la strada tracciata tra le stelle attraverso lo specchio ben pulito del nostro cuore.

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