Convertire… in più

I settimana T.Q.

Il Signore Gesù ci chiede una conversione del cuore che tocca le profondità della nostra intelligenza. Il santo viaggio che stiamo interiormente vivendo per camminare e salire verso la Pasqua del Signore ci chiede di elevare sempre di più i criteri di discernimento su cui rinnovare continuamente la nostra vita. L’invito del Signore Gesù è una spinta a lasciarci sempre più formare dal nostro incontro con lo sguardo trasformante del Padre in cui ritroviamo la nostra più vera identità: <Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono> (Mt 7, 11). Il salmista mette sulla nostra bocca la parola più adatta per ringraziare e per prendere coscienza di questo continuo flusso di grazia che anima e assicura il flusso di vita che da Dio, continuamente, ci viene donato per continuare a camminare in quello che potremmo definire il processo di recupero della nostra somiglianza filiale: <Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza> (Sal 137, 3).

L’atteggiamento e le parole con cui Ester1 si rivolge al Signore suo Dio per impetrare la sua misericordia a favore del popolo minacciato di morte ci aiutano ad imparare l’alfabeto della preghiera senza il quale non possiamo scrivere una pagina di vita in cui si possa leggere un tratto di quella storia di misericordia e di amore che segna e sostiene lo stesso mistero della vita. Ester prima di tutto <si prostrò a terra con le sue ancelle da mattina a sera> (Est 4, 17p) e solo poi gridò al Signore <Vieni in soccorso…> (4, 17gg). Potremmo definire questo momento come il “Getsemani” di Ester la quale – per tre giorni – deve gestire e attraversare, consapevolmente e integralmente, la sua <angoscia>. Il testo greco esplicita in modo psicologico l’angoscia della regina, mentre la tradizione ebraica ne affida l’evocazione al segno eloquente del digiuno, la cui cifra si può solo dedurre per contrasto da ciò che avviene dopo: <quando ebbe finito di pregare, ella si tolse gli abiti servili e si rivesti di quelli sontuosi>.

La preghiera di Ester – nel testo ebraico – fa tutt’uno con il suo corpo e non ha bisogno di essere esplicitata ulteriormente. Ester sembra aver appreso in modo raffinato, alla scuola di Egai, a usare la grammatica del suo corpo come un vero e proprio mezzo di comunicazione con la propria interiorità e con il mondo circostante usandone i vari linguaggi e miscelando sapientemente le diverse tonalità. Nei suoi gesti, che il testo greco esplicita in modo accurato, la regina Ester mostra di avere piena consapevolezza di non accordare a se stessa un valore speciale tanto da rischiare la sua vita senza neanche sentire di avere, per questo, un particolare merito. La domanda del Signore Gesù e il suo camminare deciso verso la consumazione della sua Pasqua ci interrogano e ci atterrano: <Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra?> (Mt 7, 9).

Per avere il coraggio di una preghiera audace bisogna imitare Ester che trova la forza e lo stile della sua preghiera <dai libri dei miei antenati> (4, 17aa). Ester cerca le parole e i modi della preghiera, non è una temeraria, ma è una donna in ricerca, in cammino, in ascolto… una donna che sa tendere la mano della sua povertà fino a lasciarla riempire da Dio con una misura traboccante di passione e di compassione di cui si fa canale per tutti.


1. Fratel MichaelDavide, La parabola di Ester. Con il male si scherza, San Paolo 2014.

1 commento
  1. Marielle
    Marielle dice:

    Aiutaci, Signore, Padre nostro, a :
    – ” recuperare la nostra somiglianza filiale,
    – a sapere tendere la mano della nostra povertà fino a lasciarla riempire da Te con una misura traboccante di passione e di compazzione di cui si fa canale per tutti ”
    …allora, si, le stelle brilleranno nel cielo del nostro mondo…

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