Convertire… il dito e il piede
Sabato dopo le Ceneri –
La prima lettura ci offre, tra altre, due piste di conversione. La prima è quella di rinunciare a <puntare il dito> (Is 58, 9) e la seconda è una sorta di condizione necessaria per camminare nelle vie di Dio: <se non tratterrai il piede dal violare il sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro> (58, 13). Vengono di nuovo ribadite le due coordinate fondamentali per un autentico cammino di conversione: il rapporto con Dio che genera un modo di guardare verso gli altri che non ha nulla a che vedere con un dito puntato. Nel Vangelo, il Signore Gesù si rivela veramente capace di vivere queste due dimensioni e lo fa in un modo che mette in grande imbarazzo perché mette in crisi, radicalmente, un sistema di devozione così religioso da rischiare di non essere però realmente fedele al cuore dell’Altissimo. Nella pericope evangelica la prima cosa che ci viene fatta sentire è che il Signore invece di avere un dito puntato è capace di uno sguardo: <Gesù vide un pubblicano…> (Lc 5, 27).
Pertanto, la cosa più forte è che questo incontro di sguardi cambia tutto senza cambiare apparentemente nulla. Quando il Signore Gesù invita Levi a seguirlo lo fa accettando di seguirlo a sua volta <nella sua casa> (5, 29). A differenza di quanto si narra nell’accoglienza riservata da Zaccheo a Gesù, Matteo non fa nessuna pubblica ammenda, ma semplicemente fa entrare il Signore nella sua vita, rendendolo amico dei suoi amici. La casa di Levi diventa l’icona della Chiesa chiamata ad essere il luogo di <un grande banchetto> e non una sala di tortura. Ciò che ammiriamo in questo testo è la distensione che Gesù riesce a donare a Levi invitandolo a diventare suo discepolo senza obbligarlo ad un taglio radicale con la sua vita e i suoi amici, ma accompagnandolo in un cammino di guarigione interiore con la soavità propria di un medico che non solo è capace di fare la diagnosi, ma pure di dare tutto il tempo alla terapia di fare il suo effetto con la calma necessaria.
Per i farisei questo è insopportabile! E mentre trattengono il loro piede dal varcare la soglia della casa di un pubblicano e di un peccatore, non esitano a puntare il dito non solo contro il discepolo ancora in erba, ma pure contro il maestro ai loro occhi solo apprendista più che provetto. Eppure, il Signore non si lascia intimidire: <Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati> (5, 31). Se ogni malato può sperare nella guarigione, ogni sano deve mettere in conto la malattia! Le parole del profeta Isaia ben si addicono al Signore Gesù: <Ti chiameranno riparatore di brecce, e restauratore delle strade perché siano popolate> (Is 58, 12). Concludiamo questo primo tratto del cammino quaresimale con un senso di sollievo e un conforto che ci solleva e ci consola: il tempo penitenziale che vogliamo vivere per preparare ancora le gioie e le sfide pasquali non ci punta il dito contro, ma il dito ci indica la via per ritrovare il meglio di noi stessi e apparecchiarlo per gli altri come fosse un banchetto a lungo desiderato. Quando il Signore ci indica con il dito della sua parola in realtà ci apre sempre una via perché il nostro piede possa ritrovare la strada di casa che, pur rimanendo la stessa, non è più come prima.
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