Profondità
VI settimana –
Il Vangelo del Signore Gesù ci porta al cuore del suo mistero:<Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua> (Mc 8, 34). Lasciarci immergere nel mistero di Cristo significa accogliere di entrare nella logica della Pasqua di cui talora, più o meno in modo mascherato, ci vergogniamo perché contrasta con tutto quel sistema di attese e di speranze che viene simbolicamente raccontato dalla prima lettura di quest’oggi. A commento del vangelo così forte troviamo come introduzione proprio il testo della torre di Babele: ad un certo punto gli uomini cambiano il modo di costruire e non si rendono conto che se costruire diventa più facile e glorioso allo stesso tempo cambiano il loro modo di vivere. Di certo è più facile costruire con i <mattoni> (Gn 11, 3) che costruire con le pietre, è più facile avere persone-mattoni che persone-pietre.
I rabbini spiegano dicendo che gli uomini hanno cominciato a costruire la loro torre con le più belle intenzioni che oggi definiremmo di globalizzazione, ma, pian piano, diventando la torre sempre più alta ci si è dimenticati gli uni degli altri valutando la vita delle persone in relazione al progetto globale e non alla loro dignità personale. Col tempo ci voleva un mese prima di arrivare su e un mese per scendere giù: dunque per due mesi non ci si vedeva più. Ma diventava ancora più alta, ci voleva un anno…: un anno per arrivare in cima per portare il mattone, un anno per scendere a valle. Si lavorava allo stesso progetto, ma ci si estraniava tanto che i rabbini dicono che le donne partorivano mattoni: si partorisce infatti ciò che si concepisce nel proprio pensiero. L’immagine “riuscita” di tutto ciò sarebbe l’Egitto delle piramidi che i santi Padri definiscono “un grande cimitero”. Il desiderio di Babele – così bene rappresentato nel film di Mel Gibson Apokalypto – è che si <tocchi il cielo> (11, 4) e i rabbini commentano che, in tal modo, l’uomo vuole togliere a Dio il suo Cielo, è una sorta di invasione dei marziani al contrario! Invece la scrittura dice che Dio ha dato a noi la terra tenendo per sé il cielo non per gelosia, ma per prudenza: <i cieli sono i cieli del Signore, ma ha dato la terra ai figli dell’uomo> (Sal 113, 16).
Il testo della Genesi ci pone di fronte ad uno sfasamento dei valori, mentre il Vangelo ci richiama alla necessità di un capovolgimento dei valori. È meglio fare piccole cose e darsi a opere umili pur di rimanere con rispetto davanti al mistero di ogni persona. Mentre a Babele si costruisce con i mattoni che è lavoro proprio del popolo schiavo in Egitto, la Gerusalemme dal cielo è costruita con <pietre preziose> (Ap 21, 19). Babele è il sogno più bello di quello che un uomo può pensare, che gli uomini possano decidere insieme, ma è il più grande inganno. Perché cominciamo a ragionare come uomini-mattone tanto che l’altro vale nella misura in cui è ben squadrato rendendo il lavoro veloce ed efficace e rendendo raro l’incontro con la sua particolarità e la sua unicità. Ben diverso è lo scenario che l’Apocalisse ci offre della Gerusalemme dal cielo (Ap 7, 17; 21, 4). Assolutamente diverso è il cammino di discesa e di perdita indicato da Gesù ai suoi discepoli nel cui orizzonte si può in verità vedere <giungere il regno di Dio nella sua potenza> (Mc 9, 1) che non può essere altro che la debolezza di una vita offerta e giocata non in altezza, bensì in profondità.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!