Disperato!
VI settimana –
Attraverso le letture di oggi, siamo messi di fronte ad un’immagine di Dio alquanto rara che potremmo definire come la disperazione dell’Altissimo! In ambedue i testi sembra che il motivo di tale sentimento così consueto nella nostra umana esperienza, ma così raro nel nostro modo di pensare a Dio, sono le creature umane che con la loro smemoratezza sembrano imporre all’Altissimo di fare qualcosa di terribilmente contrario al suo cuore e al suo progetto: <Cancellerò dalla faccia della terra terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d’averli fatti> (Gn 6, 7). Da parte sua il Signore Gesù non riesce a capacitarsi davanti alla eccessiva preoccupazione dei discepoli per il pane e questo proprio a ridosso del grande prodigio della moltiplicazione dei pani avvenuta ben due volte. Davanti a questo spettacolo di insensibilità non gli resta che esclamare quasi dolorosamente: <Non comprendete ancora?> (Mc 8, 21).
Il Signore ci mette continuamente in grado di poter costruire la nostra vita nella fiducia e quindi nella pace, mentre, aldilà di tutti i segni della presenza di Dio nel nostro cammino, noi preferiamo andare per la nostra strada, quella che ieri abbiamo visto all’opera tra Caino e Abele. La rottura della fraternità, il rifiuto della solidarietà assoluta, il ripiegamento/centramento su se stessi minano dolorosamente la possibilità di una relazione che sia degna di questo nome. L’evangelista Marco sembra annotare in modo meravigliato e doloroso al contempo: <non avevano con sé sulla barca che un pane solo> (8, 14) che dunque andava necessariamente condiviso fino all’ultima briciola. Quando non sappiamo più condividere i doni che abbiamo ricevuto si rende insensato il grande dono della creazione nella sua totalità e nella sua intenzione originaria ed è come se si rompessero le regole del gioco tanto da dover ricominciare tutto daccapo.
Il Creatore, dunque, si pente e minaccia di sterminare non solo l’umanità, ma tutte le creature che nella sua mente e nel suo cuore fanno un tutt’uno e non possono esistere né sopravvivere l’una senza le altre. Per vincere la disperazione di Dio si rende necessario che qualcuno – proprio tra le creature – non condivida la logica di quella <malvagità> (Gn 6, 5) che <addolorò> (6, 6) il cuore del Creatore. Così il testo della Genesi annota quasi con una sorta di sollievo che <Noè trovò grazia agli occhi del Signore> (6, 8). Noè è giusto proprio perché il suo cuore è adeguato, è in sintonia con il cuore di Dio. Infatti, Noè accetta di non salvarsi da solo ma di farsi mezzo di salvezza – per questo la sua Arca è uno dei simboli più forti della Chiesa – per tutti coloro che accetteranno di entrare sul suo bastimento condividendone la vita per tutto il tempo del <diluvio> (7, 10).
La primizia della Chiesa che si trova <sulla barca> (Mc 8, 14) con il Signore Gesù ha bisogno ancora di fare un lungo cammino per entrare nella logica della salvezza in base a cui <un pane solo> è più che sufficiente quando si ha <un cuore solo e un’anima sola> (cfr. Atti 2; 4). Nondimeno il cammino è lungo e ciascuno di noi merita il rimprovero del Signore quando dice: <Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate…?> (Mc 8, 17-18).
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