Attendere… tacere
III settimana T.A. –
L’angelo Gabriele lo ha deciso, Zaccaria deve tacere: <Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole che si compiranno a loro tempo> (Lc 1, 20). Non bisogna ritenere questa ingiunzione angelica come una punizione inflitta ad un vecchio troppo curioso. In realtà, si tratta di un uomo che è invecchiato vedendo sfumare la sua più segreta e legittima aspirazione di avere un figlio che fosse, se non il suo orgoglio e suo erede nel servizio sacerdotale, almeno la consolazione di una sposa rattristata di non essere madre. Il tacere di Zaccaria è un modo con cui Dio lo libera dal suo modo abituale e meccanico di funzionare – quasi la stortura professionale del suo servizio sacerdotale – per aprirsi così all’inaudito di Dio che esige un ascolto lungo, profondo, grave come il seme che deve sprofondare disperatamente nella terra per ritrovarvi la speranza proprio nel crogiolo della morte.
Così Zaccaria potrà diventare più attento fino ad avvertire il mormorio potentemente leggero dello Spirito che agisce nella sua vita, nella vita del suo amore diminuito dalla sterilità che si rivelerà infine non un impoverimento ma quasi un incremento di profondità necessario a far fiorire la grazia il cui nome è Giovanni. Con la sua consueta altezza poetica, Efrem così canta: <Poiché ha disprezzato la parola dell’angelo, questa parola lo ha tormentato, affinché egli onorasse con il suo silenzio la parola che aveva disprezzato. Era giusto che diventasse muta la bocca che aveva detto: “Come avverrà questo?”, perché apprendesse la possibilità del miracolo. La lingua che era sciolta è stata legata perché imparasse che Colui che aveva legato la lingua poteva sciogliere il seno. In tal modo, quindi, l’esperienza ha insegnato a colui che non aveva accettato l’insegnamento della fede. Egli ha appreso così che Colui che aveva chiuso una bocca aperta poteva aprire un seno chiuso>1.
Il silenzio è il grembo di Zaccaria. Se la donna si accorge di attendere un figlio quando si arresta il flusso del sangue, per un uomo è importante che si interrompa il flusso della parola che lo rende potente, creatore, ordinatore. Nove mesi di pazienza, di prova, di speranza: il tempo per generare e per divenire padre fecondato dal seme del divino silenzio da cui ogni cosa prende vita. Sarà stato lo stesso cammino vissuto da <un uomo di Sorèa> la cui <moglie era sterile> (Gdc 13, 2) e a cui un angelo annuncia la nascita di Sansone. L’uomo la cui forza dovrà diminuire fino al più terribile silenzio nell’umiliazione della schiavitù per far risplendere la grazia che viene dalla debolezza assunta. Le due coppie sterili, su cui la liturgia ci fa meditare, ben rappresentano la nostra umanità spesso situata su un difficile crinale: tra gioia e dolore, speranza e angoscia, attesa e rassegnazione. Non nascondiamoci le nostre domande più profonde, quelle più dolorose che mettono persino in crisi la qualità della nostra fede. È al cuore del nostro disagio che un annuncio potrà veramente scuoterci fino ad ammutolirci.
1. EFREM SIRO, Diatessaron, 1, 13.
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