Attendere… generare
III settimana T.A. –
La <genealogia di Gesù Cristo> (Mt 1, 1) è il nostro album di famiglia, in cui foto sempre più antiche e misteriosamente sconosciute si alternano ad altre di cui conosciamo invece più chiaramente i contorni. Contrariamente a ciò cui siamo abituati le foto che corrisponderebbero ai nomi più antichi e remoti sono quelle più familiari, mentre dopo la <deportazione in Babilonia> (1, 12) tutto diventa più sfumato e incerto. Eppure, l’invito del patriarca ancora risuona in questo inizio dell’immediata preparazione al Natale del Signore: <Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe, ascoltate Israele, vostro padre!> (Gn 49, 2). Mentre prepariamo il presepio in cui deporre il bambino in cui riconosciamo <Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo> (Mt 1, 1) non possiamo fare a meno di ripensare a tutta la storia di Israele che ne ha preparato la venuta nella nostra carne, ma non possiamo dimenticare di riflettere sulla nostra propria storia.
Come nella genealogia possiamo riscontare una sorta di indebolimento di forza e di onore tanto che la storia di Israele diventa sempre più oscura ed umbratile a forza di tradimenti e di compromessi, così pure anche nelle nostre piccole storie la grandezza delle persone più lontane nel tempo – dovuta in parte anche alla loro lontananza – mette ancora più in evidenza le debolezze e le fragilità di quanto abbiamo conosciuto circa la vita degli altri e, naturalmente, di noi stessi. Eppure, pare che l’incarnazione si avvicini sempre di più nella misura in cui, sembra, che le ombre diventino più pesanti e gli interrogativi più brucianti. L’annuncio di gioia e di salvezza sta proprio nella presa di coscienza che non è la nostra onorabilità ad averci meritato di accogliere tra le braccia della nostra umanità ferita il Verbo di Dio, ma è la sua amabile e serena venuta in mezzo a noi a restituire onore e fierezza alla nostra umanità.
Come annota Pascal: <Egli è rimasto nascosto, sotto il velo della natura che lo copriva ai nostri sguardi, fino all’Incarnazione; e quando giunse il momento in cui si dovette mostrare, si è nascosto più ancora, coprendosi dell’umanità. Era, infatti, più riconoscibile quando era invisibile che al momento in cui si è reso visibile>1. Un nuovo cammino nella fede si apre per noi e per chiunque si lasci toccare e interrogare dalla venuta del Verbo nella nostra carne per rivelarci l’invisibile e amabilissimo volto del Padre. Il passaggio cruciale della storia è significato dal cambiamento di modo verbale: dopo che per 39 volte si fa riferimento al <generò> di uomini più o meno noti e più o meno pii, nel momento in cui si parla di Giuseppe, il padre di Gesù, non si dice che lo generò ma che egli è <lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù> (Mt 1, 16). Al 40° anello delle generazioni si passa dall’attivo al passivo: <Così fu generato Gesù Cristo…> (1, 18). Entriamo in questo tempo d’immediata preparazione al Natale chiedendoci in che misura la nostra vita è illuminata e cambiata dalla conoscenza del mistero di Cristo tanto da accettare di deporre serenamente e felicemente <lo scettro> e il <bastone> (Gn 49, 10).
1. B. PASCAL, Opusculi (lettera a Sig.na de Roannez, ottobre 1656)
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