Attendere… la vendetta
II settimana T.A. –
Non possiamo che rimanere ammirati da tutto ciò che avviene attorno e, potremmo dire ancora di più dentro il cuore, di questo <uomo che era paralizzato> (Lc 5, 18). Egli viene portato davanti a Gesù come si fa con un morto che si trasporta e si lascia trasportare senza dire una parola e senza esprimere il benché minimo sentimento. Cosa si aspettano da Gesù quanti calano dal tetto della casa il loro amico immobile, se non che gli venga ridata la possibilità di camminare e di muoversi liberamente? Eppure, il Signore non reagisce subito rimettendo in piedi il paralitico, ma lo va a toccare nelle sue profondità perdonandogli i suoi <peccati> (5, 20). Nonostante questa sottile delusione di quelle che erano le loro aspettative e speranze, da parte dei portatori e da parte di colui che è stato posto <nel mezzo della stanza> (5, 19) non c’è nessuna espressione di delusione, ma la silenziosa e docile accoglienza di ciò che il Signore pensa sia giusto offrire loro.
Sotto i nostri occhi vediamo questi uomini che fanno di tutto per presentare il malato a Gesù nella chiara speranza di renderlo partecipe di ciò che è già avvenuto per altri visto che <la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni> (5, 17), nondimeno costoro sanno accogliere da Gesù una parola che fa segno di guardare più lontano, di porre lo sguardo più in profondità, fino alla radice profonda di ogni nostro malessere. La parola del profeta si compie andando a toccare le radici nascoste dei nostri sentimenti e dei nostri disordini: <Coraggio, non temete! Ecco, il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi> (Is 35, 4). La salvezza di certo comprende e include la guarigione, ma è ben più ampia di essa, come il benessere, se non è escluso, è solo una parte dell’esperienza di <felicità> (35, 10). Chiaramente un termine come <vendetta> può turbare la nostra sensibilità, ma nel linguaggio biblico essa indica una restaurazione del diritto attraverso cui si ristabilisce la giustizia soprattutto a favore dei più poveri e dei più deboli cui mancano o sono stati tolti i mezzi per difendere salvaguardare fino ad incrementare la propria vita fino a incrementare la propria gioia.
Così, la <vendetta> di Dio si rivela in Gesù proprio come resistenza alla logica degli scribi e dei farisei che hanno un irrefrenabile bisogno di salvaguardare la situazione per salvaguardare i propri privilegi, primo fra tutti, il proprio senso di superiorità. Quando il Signore Gesù rimette i peccati e poi rimette in cammino quest’uomo che era paralizzato e che, infine, è capace di tornarsene a casa sua sulle sue gambe e con il <lettuccio su cui era disteso> (Lc 5, 25) sottobraccio, afferma, in modo forte, la libertà di Dio davanti a se stesso e ai propri privilegi. La potenza si fa vendetta non nel senso della punizione o della salvaguardia di una distanza, ma nel senso di una partecipazione di vita sempre più vera e più ampia: <gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto> (Is 35, 10). Luca ci ricorda che <vedendo la loro fede> (Lc 5, 20) il Signore Gesù si coinvolge nella storia di quest’uomo fino a rischiare la sua vita: nulla di passivo nella fede, come nulla di passivo, ma di profondamente attivo, è il desiderio con cui viviamo questo nuovo Avvento.
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