Ospitale

XXXII settimana T.O.

Tra le molte note che l’apostolo Paolo evoca per tratteggiare i caratteri di un pastore degno di questo nome ve n’è una che ci colpisce un po’ di più fin quasi a sorprenderci in modo attrattivo: <ospitale> (Tt 1, 8). Quest’attitudine che sembra un requisito fondamentale per il ministero illumina e, in certo modo, orienta nella giusta interpretazione della conclusione della prima lettura: <fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori> (1, 9). Esortare, certo, fino a confutare chiaramente e indubbiamente… ma con un animo ospitale! L’esortazione dell’apostolo che riguarda i pastori della Chiesa, in realtà tocca il cuore del nostro essere discepoli chiamati a praticare un’ospitalità che se si esprime nella capacità di accogliere, raggiunge il massimo di espressione evangelica nella capacità di perdonare: <Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli> (Lc 17, 3).

La parola del Signore Gesù ci spinge veramente lontano: <E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai> (17, 4). Al cuore della parola di oggi vi è un’esortazione chiara: <State attenti a voi stessi!> (17, 3). Questo non è un avvertimento che insinua il sospetto su tutto, ma il sereno annuncio di un amore più grande che ci permette di accogliere e di far crescere in modo responsabile noi stessi e gli altri, noi stessi con gli altri. Quest’attenzione riguarda certo la vigilanza necessaria ad evitare per quanto possibile di essere complici di quegli <scandali> che pure avvengono in modo <inevitabile> (17, 1). Nondimeno anche l’attenzione per non essere sospettosa e ossessiva va sempre congiunta alla capacità di andare oltre gli scandali – piccoli e grandi – per essere capaci di curare tutte le malattie con il balsamo necessario della misericordia. Ogni discepolo è chiamato ad essere come il vescovo <amministratore di Dio> (Tt 1, 7) che significa essere capace di offrire a tutti un volto ospitale di Dio stesso verso le necessità e le esigenze di tutti. 

Dinanzi a questo compito non possiamo che fare nostra la preghiera degli apostoli: <Accresci in noi la fede!> (Lc 17, 5). Questa supplica potrebbe diventare <accresci in noi l’ospitalità>. Sì, perché la nostra fede in Dio è sempre congiunta ad un senso di accoglienza degli altri il cui mistero, non esente da ombre come è la nostra stessa vita, è sempre un riflesso dello stesso mistero di Dio. La piccola fede in Dio che genera quei piccoli passi di fiducia nei confronti dei nostri fratelli è capace di grandi cose nella misura in cui crediamo veramente in Dio e negli altri. Solo allo specchio di una ospitalità generosa al mistero di Dio che si riflette e ci visita fino ad interpellarci attraverso le necessità e le fragilità dei nostri fratelli, potremo avere una giusta considerazione di noi stessi per metterci a servizio di tutti senza ingenuità e senza inutili durezze. 

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