Scremare

XXXI settimana T.O.

Non dobbiamo dimenticare il contesto in cui la parola del Signore Gesù viene pronunciata e che l’evangelista Luca esplicita chiaramente: <una folla numerosa andava con Gesù> (Lc 14, 25). Dinanzi a quello che, col nostro linguaggio e a partire dalla nostra sensibilità, potremmo definire un successo pastorale, il Signore Gesù sente il bisogno di chiarire quali sono le esigenze della sequela per evitare malintesi e rettificare i desideri e le attese. Per questo motivo il discorso si fa così duro da sembrare persino eccessivo fino a suonare come in contraddizione con lo spirito del Vangelo: <Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo> (14, 26). Il Signore Gesù davanti alla <folla numerosa>, che pende dalle sue labbra e continua a seguirlo sulle strade, sente il bisogno di chiarire le ragioni della sequela mettendone in chiaro le condizioni. Questo lo fa con la folla, ma lo fa persino con il gruppo dei suoi discepoli più intimi mettendoli persino dinanzi alla possibilità di non seguirlo più (cfr. Gv 6, 67). Per arrivare a questo chiarimento interiore il Signore Gesù cerca di aiutare ciascuno ad entrare nel santuario della propria interiorità per scremare, purificare, rettificare i desideri sempre congiunti alle paure che spingono a farsi suoi discepoli.

Per confermare e rincarare la dose di necessità imprescindibile di discernimento senza il quale nessuna scelta può essere duratura, il Signore ci racconta oggi due parabole. Le immagini della torre da costruire e di un’eventuale guerra in cui avventurarsi sono veramente efficaci per darci la misura del rischio che una sequela non troppo consapevole comporta. Il rischio è di essere ridicolizzati all’esterno e di essere frustrati all’interno del nostro cuore: <Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro> (14, 30). Questa parola prima ancora di venire dall’esterno ci abita profondamente dentro nel momento in cui ci rendiamo conto di non essere in grado di ordinare e riordinare continuamente tutti i nostri sentimenti e affetti attorno ad un nuovo centro che ha bisogno di essere ri-scelto ogni giorno: <Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo> (14, 33).

La <propria croce> (14, 27) da assumere ogni giorno è proprio questa quotidiana e non facile necessità di rimettere ordine nella nostra vita per orientare al meglio le nostre forze e le nostre energie cercando di rimettere al centro mai noi stessi e ciò che ci fortifica il nostro ego, ma la relazione a Cristo che ci permette di rimettere continuamente al centro della nostra vita l’attenzione agli altri. L’apostolo Paolo ci ricorda che <E’ Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore> (Fil 2, 13). Il Signore Dio non è contrario all’amore, tutt’altro, ma ci richiede ogni giorno di rifondare il nostro amore perché sia più vero. Vi è nell’apostolo una punta di soddisfazione: <Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano faticato> (2, 16). La stessa soddisfazione che potremmo provare noi stessi davanti ad una torre portata a compimento o ad una guerra conclusa con una vittoria. Perché questo avvenga è necessaria una buona dose di disciplina e di ascesi: l’amore ha, infatti, il suo rigore!

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