Pienezza

XXIX settimana T.O.

In pochi versetti l’apostolo Paolo per due volte parla del mistero di Cristo Signore come un dono di <pienezza di tutte le cose> (Ef 4, 10) che si riversa, in modo del tutto particolare ed efficace, nella nostra vita di discepoli. È questo dono di partecipazione divina che è capace di permettere a ciascuno di <raggiungere la misura della pienezza di Cristo> (4, 13). La pienezza di cui ci parla l’apostolo Paolo come segno di una presenza efficace del mistero di Cristo Signore nella vita di tutti è una realtà che non solo si dona e si esprime in modo diverso in ciascuno, ma è capace di <edificare il corpo di Cristo> (4, 12) in una diversità che è essenziale. Questa multiforme espressione del dono della grazia è stata resa possibile dal mistero di quell’incarnazione che, nella prima lettura, viene evocata in termini non di elevazione, ma di assoluta condivisione: <Ma cosa significa ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli> (4, 9-10).

La nostra vita di discepoli è così chiamata a fare tutt’uno con questo dinamismo di estrema compromissione che permette alla salvezza di essere dono per tutti in modo unico, tanto da generare non solo dei ministeri diversi, ma, ben più profondamente, dei volti diversi di quello che è l’unica realtà che proprio perché ci accomuna radicalmente è capace di darci la possibilità di avere un volto sempre più unico e raro: <Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri…> (4, 11).

In queste crescita verso la pienezza di ciascuno ecco che siamo difesi da ogni giudizio e pregiudizio e accompagnati da una pazienza che ci difende ad oltranza: <Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no lo taglierai> (Lc 13, 8-9). Tutti noi siamo chiamati a vivere questo tempo della pazienza che ci permette non solo di invocare la pienezza, ma pure di prepararla per noi e per tutti. Un testo di papa Francesco può aiutarci ad inverare e incarnare le esigenze della Parola di Dio: <Il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi. Però occorre farlo senza evadere, senza sradicamenti. È necessario affondare le radici nella terra fertile e nella storia del proprio luogo, che è un dono di Dio. Si lavora nel piccolo, con ciò che è vicino, però con una prospettiva più ampia>1. Così assumiamo anche noi l’atteggiamento del contadino che si mette a zappare, a concimare, a sperare non in modo teorico ma concreto e fattivo senza omettere di dare il contributo della propria personale fatica.


1. Evangelii Gaudium, 235.

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