Però
XXVIII settimana T.O. –
La prima lettura ci fa entrare con una tenerezza sofferta nella festa dell’evangelista Luca che, come discepolo dell’apostolo Paolo, è stato capace per così dire di mettere nero su bianco l’esperienza e il travaglio del suo maestro e iniziatore alla vita discepolare. In pochi versetti, siamo messi di fronte alle gioie e alla sofferenza della testimonianza al Vangelo che accompagna la vita di chiunque accetti con autenticità di fare della propria vita un servizio di annuncio. Paolo non ha timore nel dichiarare che <Dema mi ha abbandonato> (2Tm 4, 10) come pure che <Nella mia difesa in tribunale nessuno mi ha assistito tutti mi hanno abbandonato> (4, 16). Seppure l’apostolo con semplicità e chiarezza evochi i travagli del suo ministero non ne dimentica le gioie che sono rafforzate proprio da queste esperienze dure. Queste gli permettono di sentire in modo ancora più forte e sensibile la gioia della comunione nell’apostolato cui è sottesa una vera fraternità fatta di complicità pastorale, ma prima di tutto di autentico affetto umano che si esprime in quel toccante sussulto che gli fa dire: <Solo Luca è con me> (4, 11).
La conclusione della prima lettura di questa festa ci apre in modo del tutto naturale ad accogliere la sfida di essere discepoli capaci di riprendere ogni giorno la strada dell’annuncio e della testimonianza: <Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero> (4,17). In questo <però> così eloquente si esprime il travaglio di ogni discepolo di essere testimone generoso ed esigente senza mai essere petulante e colpevolizzante. Per questo la consegna del Signore a quanti invia davanti a sé per preparare il terreno all’accoglienza della sua parola suona in questi termini: <In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”> (Lc 10, 5). Si potrebbe riassumere così: però prima di annunciare il Vangelo bisogna saperne riconoscere la presenza della grazia che salva che è già là dove pensiamo di portarla.
Oggi facciamo memoria di questo discepolo che è stato in grado di farci percepire il volto di Cristo con pennellate di colori forti e dolci al contempo e capaci, comunque, di scaldare il cuore. L’evangelista della nascita di Cristo e della Chiesa si rivela capace di darci il gusto degli inizi facendoci sentire in modo densissimo il profumo terapeutico e rigenerante della fecondità degli inizi che possono ritrovare la loro freschezza attraverso la gioia di sperimentare il dono di un perdono sempre possibile. La penna di Luca traccia i contorni di un volto di Cristo che riconosce in ogni volto un riflesso amabile dello stesso volto del Padre. In compagnia e alla scuola di Luca impariamo non solo a contemplare il volto di Dio nei tratti dolcissimi e amabili del volto di Cristo, ma impariamo altresì a vedere noi stessi come Dio ci vede. In tal senso la lettura del vangelo è sempre una scuola di contemplazione che, secondo l’intuizione di Luca, non è mai contemplazione mistificata, ma è sempre mediata attraverso la capacità di porre il proprio sguardo sulla croce del Signore come icona di ogni umana sofferenza che richiede l’estrema compassione dell’amore.
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