Chiave

XXVIII settimana T.O.

Nei giorni che precedono immediatamente il Natale, la Liturgia ci fa invocare l’Avvento del Salvatore invocandolo come <chiave di Davide>! Quest’oggi, riascoltando l’amara invettiva del Signore contro la durezza ottusa dei farisei, possiamo veramente invocarlo come quella chiave che non abbiamo e che non siamo offrendoci a Lui come una misera serratura che ha bisogno di essere ora aperta e ora chiusa. Le parole del Signore non ci lasciano certo dormire in pace: <Guai a voi, dottore della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito> (Lc 11, 52). Lasciamo dunque che la chiave della misericordia, dell’intelligenza, dell’amore che è Cristo divenga la chiave di volta e il segreto fondamento di tutta la nostra vita. Proprio come ricorda l’apostolo: <In lui, mediante il suo sangue, abbiamo al redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia> (Ef 1, 7). Siamo così invitati a renderci conto di come l’unica chiave che può aprire tutte le serrature è proprio la croce del Signore Gesù. Con questa chiave siamo chiamati a far saltare tutte le chiusure del nostro cuore per essere capaci di un’accoglienza generosa sconosciuta a quei farisei che lo trattano <in modo ostile… per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca> (Lc 11, 53-54).

Un elemento “chiave” del nostro cammino spirituale è proprio quello di accettare di rompere con la logica che va avanti da <Abele> (11, 51) fino ai nostri giorni, tanto da non riuscire a sentire per l’altro, chiunque esso sia, un rispetto assoluto. Le parole di Gesù ci ripresentano sub contrario le stesse beatitudini e così ci obbligano ad aprire il nostro cuore alla stessa intelligenza di Dio che è infinita misericordia e amore senza fondo come ci ricorda poeticamene e con veemenza l’apostolo Paolo quando dice quasi cantando: <Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo…> (Ef 1, 3). Paolo ci fa entrare nella logica e nella follia del <mistero della sua volontà> (Ef 1, 9) che non è un concetto teologico astratto, bensì la realtà che sta alla base della vita come dono di infinita <benevolenza>. La sfida quotidiana per ogni discepolo è di comprendere come e quanto Dio tenga a noi tanto da accettare di abitare con noi per vivere dentro di noi.

Dire in modo così forte il mistero della gratuità del dono di Dio che ci rende <santi> significa riconoscere e credere che egli esiste per noi pur essendo senza di noi e che questo, cosa estranea al nostro modo onnipotente di concepire i privilegi della divinità, in certo modo lo condiziona radicalmente. Ciò che il Signore Gesù ci ha rivelato è il volto di un Dio che dilata sempre di più il suo essere amore come attenzione e ascolto dell’altro che noi siamo davanti a Lui. Mentre i farisei cercano in tutti i modi di salvaguardare i propri privilegi e di nutrire il proprio complesso di superiorità, la chiave della croce del Signore ci inonda con <la ricchezza della sua grazia> (Ef 1, 7).

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