Timore

XXV settimana T.O.

È come se un doppio <timore> (Lc 9, 45) abitasse il nostro cuore. Il timore di dover seguire il Signore Gesù sulla via dell’umiliazione e del rifiuto e il timore di dover continuamente scegliere di acconsentire alle parole del Qoèlet che sembrano dire esattamente il contrario: <Godi, o giovane, nella tua giovinezza, e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù> (Qo 11, 9). Il testo del Qoèlet continua con una doviziosa descrizione di quello che è il disfacimento del corpo fino alla sua morte. Eppure, la memoria dei <giorni tristi> (12, 1) o, meglio ancora, il saper mettere in conto i tempi più difficili dell’esistenza, diventa per Qoèlet un motivo forte per saper vivere e bere fino in fondo il calice della giovinezza con gratitudine, senza mai anticipare la morte e non senza, però, dimenticare di prepararla saggiamente.

Nel Vangelo, il Signore Gesù proprio <mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva> (Lc 9, 43), invita i suoi discepoli a non cedere al fascino dei suoi gesti, ma ad aprirsi profondamente e veramente al loro significato più vero e profondo, maturando la capacità di accogliere ed assumere le conseguenze dei suoi gesti d’amore e di tenerezza, di predilezione per i più poveri e i più sfortunati: <Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini> (9, 44). Dietro questo grave annuncio si cela un annuncio ancora più grande: l’amore si consegna e sa godere e gioire fino in fondo della propria disponibilità e volontà di darsi. Tutto ciò non può non incutere timore, eppure tutto ciò dovrebbe far maturare in noi un desiderio e una capacità di amore sempre più grande, tanto da essere in grado di assumere le conseguenze più dure e difficili.

La nostra vita è un passaggio che, solo alla sequela del Signore Gesù, può trasformarsi in una vera Pasqua. Il primo passo è proprio quello di assumere la logica della Pasqua senza timore e nella libertà del cuore. Mentre i discepoli non <ne coglievano il senso e avevano timore di interrogarlo su questo argomento> (Lc 9, 45), a noi è richiesto di dialogare con Gesù – come fecero Mosè ed Elia sul monte della trasfigurazione – del suo e del nostro <esodo> (9, 31). La saggezza che propone il Signore non garantisce né il successo e neanche quella riconoscenza e riconoscimento che ci aspetteremmo giustamente dai nostri fratelli. Il Signore <ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo> (2Tm 1, 10 – Canto al Vangelo) e questo vangelo si riassume in una parola: <Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini> (9, 44). E noi con Lui se vogliamo essere come Lui siamo chiamati a superare anzi assumere quel <timore> (Lc 9, 45) che attraversa il cuore e la mente dei discepoli. Come loro siamo chiamati a confrontarci con la decisa presa di posizione del Signore Gesù davanti al mistero della propria vita offerta fino all’ultimo e senza nessun ripensamento.

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