Nulla

XXV settimana T.O.

La consegna del Signore Gesù ai Dodici è duplice: <diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie> (Lc 9, 1). Per gli antichi ogni malattia – sia psichica che fisica – è legata all’azione devastante di un demonio ed è per questo che tutti sono consapevoli di avere bisogno di aiuto per poter essere liberati da ciò che turba e avvilisce la vita. Questo aiuto non può essere semplicemente un rimedio che tenti di guarire il male particolare che sperimentiamo, ma ogni volta che si cura un sintomo si ha di mira la guarigione di tutta la persona. Per questo il Vangelo continua così: <E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi> (9, 2). Come ci ricorda la prima lettura: <Ogni parola di Dio è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia> (Pr 30, 5). Questo vale per tutti e vale sempre ed è stata un’esperienza che gli stessi apostoli hanno dovuto assumere nel loro cammino di fede e, naturalmente, è un processo che ci riguarda personalmente e come Chiesa se vogliamo – realmente – continuare ad essere testimoni credibili e annunciatori accettabili del Vangelo.

Per questo il Signore Gesù invece di mettere nelle mani dei suoi apostoli un kit da pronto intervento o di iscriverli ad un corso paramedico, li spoglia ulteriormente rendendoli così ancora più liberi ed essenziali: <Non prendete nulla…> (Lc 9, 3). Non possiamo nasconderci che questo <nulla> ci spaventa non poco. Ciascuno di noi mettendosi in cammino o cominciando un viaggio per prima cosa prepara i bagagli o prende tutto ciò che gli può servire per portare a termine con successo una missione di lavoro o semplicemente per non fare brutta figura. Chi di noi non mette nel proprio zaino o nella propria borsetta quello che “potrebbe servire”, fosse anche una crema o qualche analgesico… naturalmente che potrebbe venire utile a qualcun altro! È difficile non attrezzarsi e non premunirsi.

Il Signore Gesù ci chiede di non attrezzarci e di non premunirci, ma di rischiare e di esporci tanto da permettere ai nostri fratelli e sorelle in umanità di lasciarsi toccare da quell’annuncio che prima di essere un contenuto è una forma di vita e una testimonianza. Solo così si può immaginare un modo possibile di stare al mondo, sottratto – guarito sarebbe meglio dire – dalle logiche mondane del successo, dell’autoaffermazione e della continua rassicurazione che può trasformarsi, inconsapevolmente, in una sorta di immunizzazione dalla vita. Il libro dei Proverbi ci esorta nella medesima direzione di essenzialità e di leggerezza: <Non aggiungere nulla alle sue parole> (Pr 30, 6). Al contempo mette sulle nostre labbra le parole giuste capaci di esprimere l’atteggiamento giusto nei confronti della vita: <non darmi né povertà né ricchezza> (30, 8). Naturalmente questo non vale solo a livello materiale, ma pure a livello esistenziale e spirituale. Il primo segno con cui siamo chiamati ad annunciare il Vangelo non è quello di dare e portare qualcosa, ma il fatto di presentarci serenamente poveri e bisognosi di essere accolti e accuditi. Questo dovrebbe infondere il coraggio anche agli altri di riconoscere i loro bisogni, fino ad essere guariti dalla terribile malattia dell’autosufficienza che isola fino ad uccidere. Così, paradossalmente, il <nulla> diventa la condizione del tutto!

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