Flusso regale

XXV settimana T.O.

Una frase racchiude il mistero che abita il cuore di chiunque senta di avere un certo grado di parentela nei confronti del Signore Gesù: <Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti> (Lc 8, 20). Il passaggio della famiglia di Gesù avviene in un momento assai significativo dell’itinerario spirituale che l’evangelista Luca va tracciando attraverso la memoria delle parole e dei gesti del Signore. I familiari <non potevano avvicinarlo a causa della folla> (8, 19). In realtà questa difficoltà di avvicinare Gesù è la rivelazione della fedeltà al suo ministero di illuminazione e di guarigione offerto generosamente a tutti e non solo a chi è più vicino. Mentre sentiamo la difficoltà e l’imbarazzo dei parenti del Signore, che talora sono la nostra stessa difficoltà e il nostro stesso imbarazzo di discepoli, non possiamo chiudere gli occhi e il cuore sulla stupenda rivelazione di Gesù che assomiglia così tanto a ciò che leggiamo in apertura della prima lettura: <Il cuore del re è un corso d’acqua in mano al Signore> (Pr 21, 1). Un fiume o un torrente si rallegra nel donarsi e proprio quando scorre riesce a superare ogni ostacolo in un magnifico equilibrio tra la forza e la dolcezza attraverso cui l’acqua trova sempre un modo per correre verso il mare.

Se il cuore del Signore Gesù sembra proprio un corso d’acqua che continua allegramente e decisamente la sua corsa, la sua famiglia sembra cedere alla tentazione di voler fare da diga per contenere e quasi controllare la sua incondizionata donazione. Ancora una volta la saggezza dei Proverbi ci ricorda che <chi scruta i cuori è il Signore> (21, 2) il quale è capace di rettificare fino a orientare e guarire i nostri desideri. La risposta risuona tagliente e al contempo liberante: <Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica> (Lc 8, 21). Tutto il lavoro della nostra vita di discepoli è di ritrovare continuamente il nostro posto dopo i due punti di questa frase del Maestro. Saremo sempre ammaliati e tentati dalla tentazione di avere un posto di prestigio identificando nel privilegio un segno di maggiore vicinanza e di più intima appartenenza. Se invece veramente ci poniamo alla scuola del Vangelo sottoponendo al suo giudizio non solo i nostri gesti, ma pure i nostri desideri, allora scopriremo che, spesso, ciò che consideriamo un impedimento per arrivare a Gesù – la folla – è, in realtà, il luogo più adeguato e più bello per fare esperienza di quella grazia che ci viene dalla sua parola ed è capace di guarire e di salvare insieme.

L’immagine del <re> paragonato al <corso d’acqua> ci parla, indubbiamente, del Signore Gesù, ma parla anche di noi. Siamo chiamati a non contrapporci al fluire della grazia e il primo modo per farlo è quello di sottrarsi a questo flusso appartandosi alla ricerca di una situazione di privilegio, talora con il pretesto di un’intimità che rischia di essere piuttosto la ricerca di una marginalità aristocratica. Potremmo dire che se c’è un modo per discernere il nostro grado di vicinanza al Signore Gesù è proprio quello dell’assoluta condivisione della vita di tutti. Infatti, il nostro grado di parentela spirituale è direttamente proporzionale alla nostra capacità di conformarci radicalmente a ciò che la Parola cerca di creare nel nostro cuore come attitudine ad una discepolanza condivisa e non elitaria. A partire da questa consapevolezza – sempre in crescita – l’ultima parola della prima lettura può diventare una vera guida al discernimento spirituale: <Chi chiude l’orecchio al grido del povero invocherà a sua volta e non otterrà risposta> (Pr 21, 13). Siamo chiamati a farci solidalmente popolo di poveri che insieme cercano di vedere Gesù e di lasciarsi vedere da Lui, per essere la sua famiglia senza mai cedere all’istinto di fare famiglia – nel senso del clan o della setta – escludendo qualcuno.

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