Come il Padre

XI settimana T.O.

Nell’azione segreta non solo si coltiva e si approfondisce la relazione con il Padre il cui volto ci è stato rivelato dal Signore Gesù, ma si impara ad agire alla maniera stessa di Dio che, in realtà, continuamente agisce in noi e attorno a noi <nel segreto> (Mt 6, 15). Quest’operazione di apprendistato interiore esige tutta la nostra attenzione e l’intera nostra concentrazione. Per questo è necessario non lasciarsi minimamente distrarre dallo sguardo che gli altri posano su di noi tanto da dover resistere alla tentazione di fare qualcosa per essere <ammirati> (6, 1). Il dialogo che intercorre tra Elia ed Eliseo è una bellissima immagine per significare non solo il nostro impegno nel discepolato, ma pure il discepolato come processo interiore di crescita e di trasformazione. Elia chiede generosamente: <Domanda che cosa io debba fare per te, prima che sia portato via da te>. Eliseo risponde in modo esigente: <Due terzi del tuo spirito siano in me> (2Re 2, 9).

Potremmo usare la stessa misura di Eliseo per chiedere al Signore Gesù <due terzi> del suo modo di vivere la relazione con il Padre che lo ha reso piena manifestazione del suo modo di agire al cuore della storia. Ci piace immaginare nel Signore Gesù la stessa generosità che troviamo nel profeta Elia. Pertanto, se possiamo sperare che il Cristo ci renda partecipi del suo stesso modo di vivere la relazione con il Padre, dobbiamo anche esaminare noi stessi per verificare in quale misura siamo disposti a vivere in modo adeguato agli atteggiamenti che ci vengono suggeriti dal Vangelo. Proviamo ad elencare quelli che possono essere i sintomi di una nostra reale corrispondenza con il cuore del messaggio che ci viene donato. Il primo segno di evangelicità sembra essere una preferenza per la discrezione piuttosto che una ricerca di ammirazione.

Da questa discrezione fondamentale un primo frutto è la compassione che mai umilia il povero e il debole perché invece di beneficarlo in modo plateale, guardandolo dall’alto in basso nella speranza che gli altri ci guardino con ammirazione, ci pone accanto alla vita del più povero nella coscienza di essere altrettanto fragili e deboli. La discrezione nella relazione con gli altri, si invera pure nel modo di pregare che rifugge da ogni “teatralità” per ricercare invece l’intimità di una verità davanti a Dio che ci rende veri con noi stessi e umili nei confronti degli altri. Il massimo di questo atteggiamento di evangelicità sembra lo si raggiunga quando l’ascesi, così necessaria alla crescita interiore, viene vissuta come un’esperienza così intima da non avere bisogno di dissimularsi per evitare sguardi indiscreti e invasivi.

Detto questo ci rendiamo conto che la proposta che ci viene fatta dal Signore per il nostro cammino di discepolanza è più ardua di quella proposta da Elia ad Eliseo: <Tu pretendi una cosa difficile! Sia per te così, se mi vedrai quando sarò portato via da te; altrimenti non avverrà> (2Re 2, 10). Cerchiamo allora di fissare lo sguardo del nostro cuore su Cristo Signore per lasciare che lo spirito del Vangelo compenetri intimamente la nostra vita.

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