Catene
IX settimana T.O. –
L’inizio della prima lettura di quest’oggi crea nella nostra mente un’immagine assai forte della situazione dell’apostolo Paolo a partire proprio dalle sue stesse parole: <soffro fino a portare le catene come un malfattore> (2Tm 2, 9). Non è difficile immaginare il combattimento interiore di un devoto fariseo che al contempo si sente fieramente cittadino romano e che si trova – a motivo del <Vangelo> (2, 8) – doppiamente incatenato. Le catene di Paolo sono infatti la conseguenza di una scelta assai coraggiosa e, di certo non facile, che mette in crisi le coordinate fondamentali della sua vita: l’appartenenza al popolo eletto e l’appartenenza alla struttura di potere vincente! Per la sua adesione al Vangelo queste due realtà così fondamentali per Saulo di Tarso entrano non solo in crisi all’interno della sua coscienza, ma sembrano rivoltarsi contro di lui dovendo così portare le catene che sono il segno esteriore di un grande conflitto interiore che lo contrappone alle strutture che per una vita intera lo avevano sostenuto.
Ciò che l’apostolo chiede a Timoteo con calde parole di esortazione è, di certo, ciò che per prima ha richiesto a se stesso e che ora viene richiesto a ciascuno di noi se vogliamo realmente camminare come discepoli: <Sforzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità> (2, 15). Il Vangelo ci offre un esempio particolarmente fulgido di cosa possa significare dispensare la verità. Il modo con cui il Signore reagisce alla domanda di <uno degli scribi> (Mc 12, 28), in realtà, non ha nulla di speciale accontentandosi di riprendere quella che era la catechesi ordinaria della sinagoga e delle scuole rabbiniche. Eppure il modo con cui il Signore Gesù risponde a questo scribi evidenzia non tanto la particolarità delle parole che passano tra i due interlocutori, ma piuttosto lo stile. Si tratta di uno stile sincero di incontro e non di provocazione, di autentico desiderio di confronto che non ha niente a che vedere con le <vane discussioni> (2Tm 2, 14) stigmatizzate da Paolo e spesso sopportate dal Signore Gesù.
L’evocazione dei comandamenti che, spesso, è stato motivo di amarezza tra Gesù e gli scrivi diventa in questo caso motivo di reciproca ammirazione: <Hai detto bene, Maestro…> (Mc 12, 32) cui segue una delle parole più belle di tutte le Scritture: <Non sei lontano dal regno di Dio> (12, 34). La ripresa dei comandamenti e delle consuetudini che spesso erano motivo di attrito tra Gesù e gli scrivi proprio a motivo di un’interpretazione che potremmo definire incatenante, diventa in questo caso assolutamente e magnificamente liberante. La <catene> portate da Paolo, in realtà sono il prezzo della libertà che non è più un bene riservato a pochi eletti sia a livello religioso che politico, ma è un dono che è per tutti nella misura in cui ciascuno accetta di entrare in un processo di liberazione dall’egoismo per aprirsi a un cammino che ha come spinta una sola parola: <Amerai…> e ancora <amerai> (12, 30-31).
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