Attendere… tranquillo
III settimana T.A. –
Ciò che il profeta Geremia profetizza pensando agli effetti sul popolo dell’avvento del Messia, può ben diventare non solo l’oggetto amato della nostra attesa, ma ancor più intimamente l’attitudine del cuore davanti ad ogni desiderio e ad ogni suo compimento: <Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo> (Gr 23, 6). Mentre Giuseppe vive tutto il suo dramma davanti a ciò che ha indubitabilmente attraversato come una folgore la vita della sua <promessa sposa> (Mt 1, 18) trovandosi alla difficilissima scelta di incarnare con scelte personali e uniche la <giustizia> dei padri, il Verbo se ne sta profondamente <tranquillo> nel fondo della barca del seno della sua giovane madre, già come Giona nel fondo della nave e nelle viscere della balena. Più volte nella sua vita ritroveremo il Signore Gesù in questo atteggiamento di tranquillo abbandono mentre attorno a sé – pensiamo ancora alla barca dei suoi discepoli sballottata dalla tempesta – ed è proprio questa sua serenità inviolabile che permette al dramma della nostra libertà di giocarsi fino a risolversi.
Il <germoglio giusto> (Gr 23, 5) di cui parla Geremia è affidato alla mano delicata e decisiva di Giuseppe che era <un uomo giusto> (Mt 1, 19). Essere giusto per Giuseppe non è né facile da capire né facile da vivere, ma risulta chiaro che per Giuseppe – come sempre lo sarà per il suo figlio Gesù quando incontrerà il mistero unico e sempre rispettabile di ogni persona che incontrerà sul suo cammino – non c’è una giustizia che sia una fedeltà semplici e unidirezionale, ma si tratta sempre di vivere in una doppia fedeltà – a Dio e all’uomo – che è l’unico modo per essere veramente giusti con se stessi e fedeli a <ciò che il cuore gitta dentro>, come poeterebbe Dante. Certo rileggendo ancora una volta questi testi fondativi della nostra esperienza di fede possiamo rimanere così ammirati di Giuseppe, di Maria, di Gesù… da non essere in realtà toccati e interpellati da ciò che se è avvenuto sempre avviene e può inverarsi persino nella nostra vita, come in quella del nostro vicino.
Come immaginare il giusto Giuseppe e l’amata Maria davanti a questo mistero di presenza inatteso e, sicuramente, indesiderato almeno per rispetto a Dio e pietà verso se stessi. Eppure, Dio passa nella vita… l’amore ci disturba… l’inaccessibile si realizza proprio dentro le pieghe più nascoste e intime della nostra vita. E ogni volta che questo avviene – e avviene molto più di quanto immaginiamo e desideriamo – si tratta di rivivere ciò che il popolo ha attraversato gioiosamente e penosamente quando è stato <fatto uscire dalla terra d’Egitto!> (Gr 23, 7). Anche noi possiamo ritrovarci personalmente e essere chiamati a prendere atto che nella vita di una persona che amiamo si trovi qualcosa di assolutamente nuovo <che viene dallo Spirito Santo> (Mt 1, 20) e che per manifestarsi ha bisogno della nostra cura e della nostra accoglienza perché salvato possa salvare. La vita di Dio e i suoi passaggi ci sorprendono, ci turbano, ci cambiano, ci rimettono in strada e talora ci mettono sulla strada… eppure quanta cura esige un <germoglio> perché possa divenire albero? E la prima cura è di essere lasciato <tranquillo> per poter crescere in pace!