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XXIX settimana T.O. –
La parola dell’apostolo Paolo è di rara intensità e mette in evidenza in modo assai particolare quella che potremmo definire l’essenza stessa dell’annuncio del Vangelo che è radicalmente legato ad una condizione di fondo indispensabile espressa nella figura dell’essere <a vostro favore> (Ef 3, 2). Quando si entra in una casa del Meridione e la famiglia si trova a tavola, l’ospite di passaggio oppure ben conosciuto viene accolto sempre con lo stesso invito: <Favorite!>. Significa che l’ospite è invitato a servirsi con libertà di quello che c’è sulla tavola e gli viene chiesto di sentirsi non più un estraneo, bensì parte della famiglia. Tutto il discorso di Paolo tende a presentare ai cristiani di Efeso quella che è la sua <comprensione> del <mistero di Cristo> (3, 4) che è presentato esattamente come un mistero di assoluta comunione e condivisione che è di tutti e per tutti tanto che <le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo> (3, 6).
La riflessione di Paolo tende a condividere con tutti la rivelazione del <progetto eterno> (3,11) di Dio che non è assolutamente un disegno riservato a pochi, ma è un pensiero che riguarda veramente tutti. Lo sguardo che l’apostolo pone sul mistero di Cristo è illuminato da una comprensione di assoluta inclusività che permette a tutti di sentirsi a casa e di favorire con semplicità alla stessa tavola. In Cristo infatti <abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia> (3, 12). Questa fiducia, che è il segno distintivo del Vangelo, è un dono che riceviamo e che esige da parte nostra l’esercizio di una grande vigilanza per non cedere alla tentazione di privatizzare un dono che ci viene affidato proprio per essere generosamente condiviso. Potremmo anche noi cadere nella trappola di quel servo di cui il Signore Gesù parla nella seconda parte del Vangelo. Anche se il padrone <tarda a venire> (Lc 12, 45), in nessun modo possiamo abusare della fiducia che è stata riposta in noi sottraendoci al compito della comunione e della condivisione.
Il Signore Gesù è particolarmente severo: <A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più> (12, 48). Tenersi pronti diventa per i discepoli il modo più adeguato per non sottrarsi al compito di favorire l’avvicinamento di tutti alla tavola della misericordia e dell’amore di Dio che, nel suo progetto, non solo non esclude nessuno, ma desidera ardentemente che tutti possano partecipare in pienezza al suo dono di vita piena. L’apostolo Paolo ricorda che <per mezzo della Chiesa> (Ef 3, 9) deve rivelarsi a tutti il mistero di quella grazia che permette a tutti e a ciascuno di fare della propria vita un vero luogo di rivelazione e di glorificazione di Dio. Il compito e la mediazione della Chiesa sembra essere quella di favorire la libertà e la fiducia che sono la porta d’ingresso in quella logica del Regno di Dio che è per tutti senza escludere non solo nessuno, ma nessuna delle situazioni in cui la nostra umanità può venirsi a trovare. Per rispondere all’appello di questa parola possiamo chiederci chi siano i <lontani> di oggi in cui siamo chiamati a ritrovare i lontani di sempre per offrire loro il pane dell’accoglienza e dell’assoluta condivisione.