Intensamente
XXIV settimana T.O. –
Un avverbio è il messaggio fondamentale che riceviamo per il nostro cammino dalla Parola di Dio che ci raggiunge e ci illumina attraverso le Scritture: <desiderate intensamente> (1Cor 12, 31). Indubbiamente l’apostolo Paolo fa riferimento alla necessità di aprirsi sempre di più ad una carità capace di animare e autenticare ogni minimo gesto e ogni minima parola. Eppure, bisogna riconoscere che persino la carità più generosa e più dimentica di se stessa ha continuamente bisogno di essere verificata, quasi certificata da un’intelligenza del cuore senza la quale il rischio è che si trasformi in generosa, ma supponente elemosina. A questo riguardo, la parola del Signore Gesù non fa che rincarare la dose di quella, già abbastanza severa, dell’apostolo Paolo: <A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile?> ed è il Signore stesso a dare la risposta: <È simile a bambini…> (Lc 7, 31-32). In questo caso il riferimento non è ai <piccoli> ma ai <bambini>!
Ciascuno di noi porta dentro di sé e talora nutre con cura questa parte “bambinesca” che continua a lamentarsi per non prendere mai su di sé la responsabilità della vita, accontentandosi – si fa per dire – di dedicarsi allo sport della continua mormorazione che, in realtà, è un modo sottile ed efficace per sentirsi sempre innocenti e mai responsabili. L’apostolo ci ricorda una verità che fa parte della nostra esperienza quotidiana: <noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio> (1Cor 13, 12). Ciò non toglie che pur nell’incertezza di ogni passo che la vita ci richiede di fare per noi stessi e per gli altri sia necessaria una determinazione e un coraggio senza i quali tutto rischia di essere delegato e continuamente rimandato. Il rischio più grande è quello di rimandare non solo la gioia e il dolore, ma di rimandare la vita, tanto da perderne il senso fino a smarrirlo definitivamente.
La differenza sostanziale tra i <bambini> di cui ci parla il Signore Gesù nella parabola e il <bambino> (1Cor 13, 11) cui fa riferimento Paolo, nella prima lettura, sta nel fatto che mentre i primi non vogliono assolutamente crescere, il secondo è disposto a farlo <intensamente> (12, 31). Nulla di intenso e quindi di degno può accaderci se non coltiviamo una reale e coinvolgente disponibilità a rompere lo specchio dell’incantesimo di noi stessi: <Divenuto uomo, ho eliminato ciò che era da bambino> (13, 11). Se ogni uomo è stato un bambino, non è poi così certo che ogni bambino divenga veramente uomo. La discriminante sta proprio in quel passaggio non facile dal bisogno continuo di essere ascoltati ad una capacità crescente di ascoltare e di accogliere gli altri come un appello. La differenza sta nel superamento del fondamento di ogni atteggiamento capriccioso che consiste nel bisogno spasmodico di essere continuamente visti, per imparare e scegliere, invece, di avere occhi e cuore per gli altri in una carità che non ha niente di piccino, anzi è: <magnanima, benevola… tutto crede, tutto spera, tutto sopporta> (13, 7). Uno dei segni primari ad indicare se si è cominciato o meno questo cammino fino ad accogliere la vita in modo adulto è il non avere più bisogno di giudicare e l’essere sempre più inclini ad ammirare con discrezione.
Come può avvenire tutto ciò se non attraverso un cammino interiore di autentica maturazione che ci rende capaci di desiderare così intensamente da non temere più di giocare alla vita fino a saperci giocare nella vita tanto da non avere paura di giocarci, prima o poi, la stessa vita… intensamente!